Hagen Keller, Prefazione, in: Hagen Keller - Thomas Behrmann (Hgg.), Kommunales Schriftgut in Oberitalien. Formen, Funktionen, Überlieferung (Münstersche Mittelalter-Schriften 68) München 1995, S. XI-XIV.


Prefazione

(Traduzione di Barbara Pantano-Gockeln)

Se si prende in considerazione lo sviluppo della cultura scritta in Europa, gli ultimi decenni del XII secolo e i primi del XIII assumono un rilievo particolare. In questo periodo si realizza infatti una svolta decisiva: nascono nuove forme d'impiego della scrittura nell'amministrazione. Tali forme sono basate su una nuova consapevolezza delle potenzialità tecniche della scrittura e del significato di quest'ultima per l'organizzazione della società. Una vasta gamma di nuovi tipi di documento scritto viene creata da uomini persuasi della necessità di regolare la vita pubblica attraverso norme fissate per iscritto, uomini ai quali si rivela indispensabile documentare con la scrittura l'operato dell'amministrazione, nonchè vantaggioso il ricorso a procedure improntate sulla scrittura e a presupposti informativi in forma scritta. Le esperienze acquisite elaborando e utilizzando nuove tecniche che rispondessero all'esigenza della forma scritta rafforzano la convinzione che l'impiego della scrittura al fine di fissare norme di diritto e nell'amministrazione sia irrinunciabile; tali esperienze contribuiscono quindi a promuovere sia la diffusione sia l'affinamento della scrittura per usi pratici nella sua funzione strumentale. A prescindere dal moltiplicarsi della produzione di atti ed il rapido incremento della documentazione scritta in forma di rotolo, lo sfruttamento della scrittura per la strutturazione dell'ordinamento sociale e giuridico ha il suo segno distintivo soprattutto in un oggetto: il libro, o, per meglio dire, le serie di libri ordinate per anni e conservate nei depositi dei centri amministrativi laici o religiosi. Non solo per il commercio e gli affari, bensì soprattutto per l'organizzazione delle comunità umane ha ora inizio in Italia l'era dell' "allibramento".

Fino ad oggi la ricerca storica non è giunta nè a rilevare questo processo in tutta la sua entità, nè ad apprezzare sufficientemente l'importanza che esso ebbe per gli sviluppi ulteriori della società e della cultura europee. Lo stesso Max Weber - nonostante gli studi sulle società commerciali italiane del basso medioevo compiuti all'inizio della sua carriera - nell'impostazione delle sue questioni, ricerche e interpretazioni del razionalismo europeo, ha trascurato uno dei fattori fondamentali, come già è stato giustamente rilevato da Brian Stock. Le ricerche contenute in questo volume contribuiscono forse a loro volta a mettere ancor più in evidenza quali conseguenze una tale lacuna abbia per la visione d'insieme. L'obiettivo principale degli studi che seguono si colloca però su un altro piano: essi intendono far luce, sulla base di una serie di esempi opportunamente scelti, sul fenomeno del passaggio decisivo ad una nuova forma di uso della scrittura a fini amministrativi nei comuni dell'Italia settentrionale. A questo scopo non vengono semplicemente presentati nuovi tipi di scritture amministrative; non si presentano delle ricerche di carattere diplomatico sui documenti analizzati, anche se non mancano ampie informazioni a questo riguardo. L'indagine verte invece principalmente sulla funzione della documentazione scritta nel contesto dell'agire. In altre parole: piuttosto che sull'evoluzione formale di nuovi tipi di documento l'attenzione si è rivolta con maggiore intensità alle procedure e le operazioni per le quali veniva richiesta la forma scritta, sull'organizzazione alla quale i documenti scritti dovevano servire, sugli strumenti e tecniche culturali che vennero applicate in questo campo - spesso per la prima volta nella storia europea. L'impiego qualitativamente nuovo della scrittura viene qui messo in rapporto con determinate finalità, sulla base delle quali le forme specifiche trovano una spiegazione storica. Solo andando a ricostruire i contesti funzionali ai quali appartennero al tempo della loro redazione sia i documenti scritti pervenutici sia quelli la cui esistenza si può dedurre con certezza dalla menzione che di essi viene fatta, diventa veramente tangibile l'entità del materiale andato perduto; solo così risulta evidente come nell'amministrazione comunale di allora sia stata radicale la tendenza a generalizzare l'impiego della forma scritta e quanto profondamente essa abbia inciso sulle forme della vita sociale, e persino nella vita di ogni singolo individuo.

Tale espansione della cultura scritta, dunque, era strettamente legata a nuovi modi di concepire l'azione amministrativa, concezioni che a loro volta nascevano dalla volontà di creare organizzazioni stabili e forme di controllo centralizzate - nel nostro caso: per la vita civile in una determinata comunità. Il processo, assieme ai suoi presupposti e fenomeni concomitanti, è stato finora studiato soprattutto con riferimento a due "istituzioni": la curia papale e la corte inglese. L'interesse dei ricercatori fu attratto ben presto dai due grandi complessi documentari pervenuti - unici per l'epoca in questione: per quanto riguarda la curia si tratta delle serie di registri conservate a partire dal pontificato di Innocenzo III (1198 - 1216), a cui si aggiungono scritture di tipo nuovo appartenenti ai settori dell'amministrazione finanziaria e della giurisdizione papale; per quanto riguarda invece la corona inglese si tratta soprattutto dei Pipe Rolls e della descrizione - unica nel suo genere - dell'amministrazione finanziaria reale fornita da Richard di Ely nel "Dialogus de Scaccario". Complessi di documenti paragonabili a questi e risalenti allo stesso periodo sono praticamente inesistenti per i comuni italiani; laddove materiale simile si è conservato, le serie hanno inizio solo dopo la metà del XIII secolo. Da quel momento in poi, invece, la massa del materiale - come soprattutto nel caso di Bologna, ma anche a Perugia, Modena e altrove, e per quanto riguarda i registri notarili persino in molte località - raggiunge dimensioni tali che l'analisi dei documenti si prospetta come un'impresa quasi irrealizzabile almeno se si tiene conto del fatto che, a differenza della curia e di una corte, un singolo comune italiano rappresenta piuttosto un'entità "particolare", il cui studio - comprensibilmente, ma forse erroneamente - non viene considerato come un compito di importanza nazionale, o addirittura internazionale, degno di un grande impiego di mezzi. Così l'analisi sistematica di singoli fondi d'archivio o raccolte di fonti, o persino la loro edizione, non fa parte dei compiti previsti dal progetto di ricerca che la "Deutsche Forschungsgemeinschaft" promuove nel quadro del "Sonderforschungsbereich 231: Träger, Felder, Formen pragmatischer Schriftlichkeit im Mittelalter" (L'uso della scrittura a scopi pratici nel medioevo: promotori e personale, campi, forme). Il gruppo che ha compiuto gli studi raccolti in questo volume - "Teilprojekt A: Der Verschriftlichungsprozeß und seiner Träger in Oberitalien, 11. - 13. Jahrhundert" (Sezione A: La diffusione delle pratiche scritturarie nell'Italia settentrionale durante i secoli XI-XIII) - ha il compito di far luce su un settore indispensabile per il conseguimento degli obiettivi generali del progetto di ricerca. Esso mira a fissare, sull'esempio dei comuni dell'Italia settentrionale, alcuni aspetti del processo evolutivo che si trova al centro degli studi anche di altri gruppi all'interno del "Sonderforschungsbereich". Si pensi ad esempio a progetti come "L'ars dictandi medioevale come insegnamento della scrittura a scopi letterari e pratici" o "L'uso della scrittura e l'organizzazione degli ordini monastici dal XII all'inizio del XIV secolo", oppure alle richerche sulla cultura scritta e la tradizione storiografica, sulle codificazioni dei diritti regionali tedeschi, sulle enciclopedie, le consuetudines monastiche ed altri generi di testi, utilizzati in misura sempre maggiore per migliorare e razionalizzare la prassi quotidiana, sulle scuole, le corti, i gruppi religiosi e appunto, come nel caso presente, sui comuni cittadini intesi come spazi di comunicazione nei quali la pratica della scrittura venne ad assumere un'importanza crescente.

Gli indizi delle dimensioni e della molteplicità d'impiego della scrittura nel settore amministrativo agli inizi del XIII secolo, venuti alla luce già nel corso delle nostre prime ricerche, hanno reso subito evidente un fatto fondamentale: un approccio al fenomeno in questione che si basasse essenzialmente sull'analisi dei fondi esistenti sarebbe insufficiente. Se nel definire i termini della questione si rimane dipendenti dal caso, che ha determinato in parte l'entità e la natura del materiale pervenutoci, e se inoltre non si tiene conto di come la curia, la corte inglese ed i singoli comuni abbiano fornito condizioni molto differenti per la tradizione delle fonti, non è possibile cogliere il contesto sociale, politico e culturale che ci permette di identificare tutte queste evoluzioni come manifestazioni di una tendenza generale di portata europea. In seno alla curia, nei comuni, negli ordini religiosi, alle singole corti reali o principesche, si compiono più o meno contemporaneamente processi evolutivi assai simili che spesso portano a "soluzioni di problemi" tra loro affini se non addirittura identiche. Le forme nei loro nessi reciproci sono identificabili solo se, non accontentandosi di analizzare quanto materialmente è ancora oggi a nostra disposizione, cerchiamo anche di determinare - sulla base del materiale frammentario pervenutoci e, non da ultimo, attraverso la ricostruzione dell'originale contesto amministrativo e delle condizioni di vita - ciò che esisteva una volta ed è oggi in gran parte perduto. Solo in tal modo, ad esempio, risulta evidente come sia lecito presupporre l'esistenza di serie di registri comunali a partire dall'epoca di papa Innocenzo III, con i cui registri ha inizio la conservazione di intere serie nell'Archivio Vaticano. Gli interrogativi sulle ragioni che hanno portato alla scomparsa di fonti, sulla natura delle scritture andate perdute o anche sui motivi che spiegano la conservazione del materiale a noi giunto si rivelano spesso essere la chiave per comprendere anche la forma e la funzione di quel che oggi abbiamo in mano. Viceversa, a partire dalla funzione è possibile in molti casi spiegare il perchè determinati tipi di documento scritto avessero maggiori o minori probabilità di essere conservati.

In tal senso, gli studi che seguono sono da intendersi come un contributo specifico ad un problema di portata generale incentrato sull'esempio dei comuni dell'Italia settentrionale. Allo stesso modo Michael T. Clanchy ha sottolineato, a partire dall'esempio inglese, importanti aspetti del processo, i quali, nonostante si riferiscano ad un contesto differente, permettono di compiere dei confronti utili per ulteriori ricerche. In primo luogo, però, i contributi del presente volume intendono fare chiarezza su un complesso di problemi inerenti alla storia dei comuni italiani che, nonostante gli studi fondamentali compiuti da Pietro Torelli, non è stato finora preso in sufficiente considerazione. Nel periodo in questione i comuni italiani mirarono a realizzare il loro ordine interno attraverso la definizione delle cariche pubbliche ed dei relativi doveri e competenze d'ufficio fissata in forma scritta. Con l'impiego crescente della scrittura nell'amministrazione essi intesero da un lato fornire ai loro cittadini una maggiore garanzia dei propri diritti; al tempo stesso vollero ostacolare, stabilendo un controllo sull'operato dell'amministrazione, ogni possibile arbitrio e abuso di potere, e viceversa conferire ai funzionari pubblici un'autorità che prescindesse dalla loro persona. Ben presto d'altra parte ci si rese conto che le medesime tecniche si prestavano anche a favorire l'assommarsi di cognizioni pratiche, ad accumulare ed elaborare informazioni che permettevano al governo del comune di prendere decisioni commisurate ai fini prestabiliti, calcolate e in prospettiva di lunga scadenza - il che determinò a sua volta lo sviluppo di nuove forme di impiego della scrittura.

Un settore risulta in gran parte escluso dagli studi di questo volume: quello delle disposizioni giuridiche comunali. O per meglio dire: è stato escluso un determinato tipo di fonte, e cioè il libro degli statuti. Alcuni codici statutari del XIII secolo di Como, Lodi, Novara, Pavia e Voghera sono stati recentemente trattati nel volume 64 di questa stessa collana da diversi autori del nostro gruppo di lavoro; altre ricerche sulle raccolte di statuti di Bergamo, Vercelli e Verona vengono pubblicate singolarmente come monografie. I contributi che seguono si riallacciano direttamente a questi lavori e ne hanno potuto utilizzare i risultati come basi di provato fondamento. Essi però pongono in rilievo, attraverso la loro impostazione, nuovi e originali aspetti del problema. Il materiale qui presentato potrà suggerire allo studioso delle strutture amministrative nei comuni del XII e XIII secolo risposte ancora più immediate alle sue domande ed offrirgli prospettive forse inconsuete o ancora sconosciute del suo oggetto di ricerca.

Gli studi hanno tratto origine dal lavoro di ricerca comune: dalla discussione delle questioni fondamentali che il tema propone, come anche di problemi particolari sorti durante il lavoro. Le autrici e gli autori hanno formulato loro stessi il contenuto dell'apporto di ognuno al tema comune, di cui hanno anche concepito la realizzazione sulla base delle proprie conoscenze ed esperienze. I risultati ottenuti dimostrano, così sperano autori e curatori, che una simile libertà di scelta non solo ha giovato ad ampliare la gamma dei temi trattati ma ha favorito l'approfondimento di alcune questioni fondamentali. Quanta parte sia da attribuire a Thomas Behrmann nella concezione e nella realizzazione del volume risulta chiaramente dalla sua introduzione, nella quale egli inquadra i singoli contributi nel contesto del programma comune. Per i problemi legati all'elaborazione dei dati gli autori si sono avvalsi della consulenza di Michael Drewniok, che ha inoltre dato valido aiuto nella coordinazione tecnica; Juliane Trede ha contribuito alla stesura degli indici. A tutti quanti hanno prestato la loro opera va un ringraziamento per la loro preziosa collaborazione.

Come già nel volume precedente, si vuole anche qui sottolineare con quale gentile ospitalità e con quale generoso sostegno i collaboratori del progetto di ricerca, e in particolare gli autori, siano stati accolti in Italia dalle numerose istituzioni e persone a cui si sono rivolti, e che si trovano menzionate nei singoli contributi. Alla buona riuscita del lavoro hanno inoltre contribuito numerosi collaboratori di diverse istituzioni dell'Università di Münster. Alcune delle discussioni che ci hanno aiutati a ricercare e mantenere un collegamento degli obiettivi dei diversi studi all'interno del nostro gruppo si sono svolte nella piacevole e stimolante cornice della villa Rothenberge, messaci a disposizione dall'Università di Münster in più occasioni. Il rettorato dalla Westfälische Wilhelms-Universität ha appoggiato il lavoro del progetto di ricerca malgrado le limitate risorse finanziarie. La Deutsche Forschungsgemeinschaft, il cui sostegno ci ha consentito di compiere le nostre richerche, ha reso possibile anche la pubblicazione del volume concedendo un contributo per i costi di pubblicazione. I curatori e gli autori desiderano qui esprimere la loro profonda riconoscenza nei confronti delle istituzioni menzionate e di tutti coloro che non è stato possibile citare personalmente.